Esistono diverse metodologie per razionalizzare la produzione aziendale e renderne misurabili i risultati. Oggi parliamo di OKR.
OKR: cosa vuol dire l’acronimo?
Questo acronimo che può apparire complesso, in realtà è molto più semplice di quanto non si possa pensare. Infatti sta per objective and key result. In altre parole si tratta di trovare un obiettivo e misurarne il risultato chiave.
Una semplice definizione che ci proietta in un mondo fatto di razionalità e capacità analitica. Troppo spesso in azienda ci si trova a lavorare per forza d’inerzia, senza comprendere il quadro generale. Un simile atteggiamento porta quasi sempre al mancato raggiungimento degli obiettivi annuali perché non si trova la giusta strategia o, addirittura, si sbaglia completamente obiettivo.
OKR uguali ai KPI?
Ti starai allora domandando: OKR e KPI sono la stessa cosa? La risposta è no, sono in realtà molto diversi.
La prima e più evidente differenza è che i KPI sono una metrica, un indicatore delle prestazioni dell’azienda o del team. Vale a dire sono i parametri che ci permettono di stabilire se le nostre prestazioni sono in linea con le aspettative. Gli OKR invece sono una metodologia di lavoro. Quindi si tratta di una strategia di pensiero che consente di analizzare meglio la situazione.
KPI si possono usare insieme agli OKR?
Trattandosi di metriche e non di metodologie, i KPI possono anche essere integrati in un contesto nel quale l’azienda si stia muovendo verso gli OKR. Infatti uno non esclude l’altro, in questo caso.
Come nascono gli OKR?
John Doerr aveva lavorato dal 1975 al 1980 in Intel. Il colosso che ha rivoluzionato il mondo dei microprocessori era stata una tappa fondamentale della sua carriera. Infatti qui conobbe la metodologia rivoluzionaria di Andy Grove.
Di solito nelle aziende il lavoro si sviluppava su obiettivi calati dall’alto. In altre parole il management cercava di porre come obiettivi dei punti che erano fortemente connessi a bonus di produzione e, di solito, le imprese avevano delle procedure ben precise che i team dovevano rispettare.
Grove invece fissava un obiettivo e poi lasciava che fosse il team a capire come arrivare alla soluzione. Secondo la sua filosofia le persone performavano meglio se le si lasciava libere di raggiungere il risultato da sole.
OKR: come funzionano?
La mia azienda produce molti pezzi ma il costo è troppo alto, entro fine anno voglio ridurre il costo di produzione del 10%. Il risultato chiave è quindi aumentare l’efficienza di produzione del 10%. Il come ci arrivo è la strategia che potrà anche implementare KPI per monitorare alcuni punti essenziali.
Differenze tra OKR e KPI
Riassumendo, quindi, gli OKR sono degli obiettivi che si riferiscono ad azioni specifiche, come appunto ridurre la produzione, e devono essere misurabili. I KPI invece sono indicatori quantitativi di business, quindi possono monitorare, ad esempio, il numero di ore utilizzato per produrre un singolo pezzo.
Gli OKR dovrebbero riflettere le aspirazioni e la mission aziendale, mentre i KPI, essendo metriche quantitative, non hanno a che fare con questi parametri ma solo con numeri.
Gli OKR vanno poi cambiati ogni quattro, sei o dodici mesi, a seconda dell’obiettivo. I KPI possono rimanere identici per anni.
Va da sé quindi che gli OKR cambiano in fretta perché ogni volta che si raggiunge l’obiettivo l’azienda va avanti. I KPI possono essere gli stessi anche ad obiettivo cambiato.
Cosa serve per implementare gli OKR?
Negli OKR devono credere tutti i reparti, tutti devono quindi avere chiaro a cosa serva il loro lavoro e come arrivare al risultato sperato. Senza motivazione non si può sperare di raggiungere nulla. Chiaro è che a fianco alla motivazione è necessario anche che si razionalizzino i processi e si entri in una dimensione più analitica e strategica.
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