L’Europa e l’Occidente stanno lavorando per cercare di comporre un mix energetico il meno impattante possibile, questo perché le emissioni di CO2 oggi rappresentano un problema che non può essere ignorato. L’idrogeno è spesso indicato come alternativa più promettente.
Qualche dato
Sul suolo europeo si lavora da decenni per ridurre l’impatto delle attività produttive e dell’inquinamento generato dalle normali richieste domestiche. Oggi il mix è molto variegato, vediamo le differenze tra Italia e Unione europea.
Secondo l’Eurostat in UE si produce:
- 41% di energia rinnovabile;
- 31% di energia nucleare;
- 18% di carbone;
- 6% di gas naturale;
- 3% di petrolio;
Ovviamente la produzione e il consumo non combaciano quindi i dati differiscono un poco. Infatti l’Europa oggi è abbastanza dipendente dalle importazioni di petrolio e gas, tra gli obiettivi c’è quello di rendersi più indipendente.
Il mix energetico che ogni giorno utilizza l’Europa è composto nel seguente modo:
- 35% di prodotti petroliferi;
- 24% di gas naturale;
- 17% di energie rinnovabili;
- 13% di nucleare;
- 12% di combustibili solidi.
L’Italia invece ha il seguente mix:
- 37,6% di gas natuarle;
- 35,7% di petrolio;
- 19% di rinnovabili;
- 5% di combustibili solidi.
Obiettivi di ribilanciamento
Per ragioni politiche e strategiche, oltre che ambientali, è necessario ripensare all’energia che l’Europa utilizza tutti i giorni. Il primo obiettivo è raggiungere un taglio delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2030. Per questo si punta ad una produzione di energie pulite che sfiori il 42,5% sempre entro il 2030.
L’Italia è in linea con gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima messo a punto nel 2019 dal governo in carica del tempo. L’obiettivo è quello di arrivare al 40% di produzione di energie pulite entro il 2030.
Idrogeno: game changer?
In tutto questo complesso quadro di produzione, distribuzione e consumo dell’energia si inserisce una risorsa come l’idrogeno. Da anni si lavora per renderlo importante ma la situazione non è semplice.
Teoricamente i vantaggi dell’idrogeno come combustibile rispetto al petrolio non sono da trascurare. Il primo tra tutti è che quando bruciato emette solo vapore acqueo, chiaramente non inquinante rispetto al mix di polveri emesse da un’auto a benzina.
Una soluzione già adottata
Esististono già auto in commercio che sfruttano una tecnologia legata all’idrogeno, una su tutte la Toyota Mirai. Non solo utilizza l’idrogeno ma purifica aria lungo il tragitto. Si tratta di un percorso ancora all’inizio che però dimostra impegno nell’esplorare questa strada.
I problemi risiedono in un processo di elettrolisi ancora da affinare perché la perdita di energia è molto elevata: tra il 45 e il 60 percento durante il processo. Questo perché per produrre energia è necessario agire con un’elevata compressione che è molto costosa, sia in termini economici che di perdita collaterale di energia. Gli investimenti per raffinare i modi di produzione sono ingenti.
Il lato positivo è che le esistenti infrastrutture di importazione di gas in Europa possono essere riutilizzate per l’idrogeno, abbattendo di molto i costi.
Il trasporto non è così semplice
La sfida più grande nel settore logistico è data dal fatto che l’idrogeno deve essere mantenuto ad una temperatura di -251 gradi celsius, contro i -162 del gas naturale, durante tutta la filiera di trasporto. Durante il percorso si può perdere anche il 40% di energia.
Un ulteriore problema è che in aree che hanno già una situazione idrogeologica difficile il problema potrebbe essere aggravato da un eccessiva produzione di idrogeno.
Non l’unica alternativa
Alla luce di questo possiamo concludere che l’idrogeno potrebbe diventare una valida alternativa in futuro ma non il principale sostituto proprio a causa di tutti questi problemi. L’industria stessa è molto cauta sul suo sviluppo futuro. Non resta che attendere.